mercoledì 4 maggio 2016

Di animali e altre storie

Credo di aver sempre desiderato un gatto, fin dall'infanzia.
Quando avevo circa quattro anni, mia madre portò a casa un gattino trovato per strada. Mi disse che il micetto le era salito su una scarpa miagolando e mordicchiando i lacci e lei si era intenerita.
Purtroppo quel batuffolo di pelo non era destinato a diventare il mio gatto.
Mio padre, che da bambino aveva avuto solo animali da cortile destinati a finire in pentola, si oppose con energia all'ingresso del gattino in casa.
- Perchè dobbiamo avere un gatto? i gatti sono pieni di pulci e fanno pipì ovunque. La casa è fatta per gli umani, gli animali devono stare fuori - disse.
Mia madre non replicò, ed io mi rassegnai al fatto che avrei avuto un gatto semi-addomesticato: sarebbe venuto tutti i giorni per il cibo, ma il resto del tempo l'avrebbe passato per i fatti suoi.
Negli anni seguenti nutrimmo parecchi gatti della zona. Io davo a tutti un nome, ma nessuno di loro era il "mio" gatto.

Un paio di anni dopo, grazie ad un baraccone del luna-park che dispensava premi anche senza aver fatto centro con la pallina nelle vaschette d'acqua, ottenni il mio primo animale: un pesce rosso. L'animale si suicidò il giorno dopo l'ingresso in casa saltando fuori dalla vaschetta.
A parte lo shock causato dalla sua morte prematura, il pesciolino non era ovviamente quello che desideravo: niente pelo, niente carezze, niente animale domestico.
Di prendere una cavia o un criceto non se ne parlava neppure, l'autorità paterna ne aveva vietato l'ingresso in casa.
Per il mio ottavo compleanno mia madre mi regalò due minuscole tartarughe verdi d'acqua dolce. Alle creature vennero appioppati i nomi di Gertrude e Romualdo, e vissero per qualche tempo in una vaschetta sul davanzale della finestra della mia camera.
Io però non ero particolarmente soddisfatta: come si accarezza una tartaruga? la mia interazione con le due bestiole consisteva nel tirarle fuori dalla recipiente e farle camminare sul pavimento della camera. Un giorno erano venuti a trovarmi dei parenti e io stavo per l'appunto facendo camminare le tartarughe sul pavimento, quando mio cugino - all'epoca un bimbo di tre anni - irruppe nella stanza correndo e inavvertitamente calpestò Gertrude.
Lacrime e disperazione, e la tartarughina venne sostituita con un'altra, che chiamai Ildebranda.
Tempo dopo, entrambe le bestiole si beccarono un'infezione agli occhi e passarono a miglior vita.
Per lunghi anni gli unici animali "domestici" furono quelli che trovavo in giardino e nei campi: lumache, lucertole, e soprattutto insetti di ogni genere e specie, che portavo di nascosto in casa e a scuola, cercando di allevarli.

A 29 anni mi sono sposata e mi sono trasferita all'estero, nella penisola arabica. Mio marito condivide la mia passione per i gatti, ma finchè abbiamo vissuto in Medio Oriente non abbiamo mai pensato di adottarne uno.
Poi siamo venuti in Australia, e dopo una frenetica ricerca abbiamo trovato una casa.

Uno dei primi giorni, con ancora tutta la nostra roba ferma a Perth, in attesa di portarla qui, guardando fuori dalla finestra nel giardino sul retro ho visto due batuffoli di pelo.
Uno era bianco e grigio, a pelo lungo, l'altro bianco, grigio, nero e rosso, a pelo corto.
- Kittens! - ho detto a mio marito, guardando fuori.
- Look at the fluffy one, it's beautiful - ho aggiunto estasiata.
- The other one must be the sister - ha detto lui.
Così, senza molta fantasia - devo averla esaurita tutta con le tartarughe - abbiamo chiamato il primo micetto Fluffy, e la sorellina Sister.
Li abbiamo nutriti per lunghi mesi, prima che si fidassero abbastanza da lasciarci avvicinare a loro.

Fluffy e Sister
Avevamo sempre dei dubbi su Fluffy. Quel batuffolo di pelo sarà maschio o femmina? Abbiamo cercato di occhieggiare in mezzo al pelo, ma non si vedeva nulla e alla fine ne abbiamo dedotto che erano due gattine e sono andata dal veterinario locale per chiedere quanto sarebbe costato sterilizzarle e vaccinarle entrambe.
Era anche un modo per salvarle: da queste parti c'è un progetto governativo per salvare la fauna locale (bandicoots, potoroos, etc)dagli animali importati, ovvero volpi e gatti randagi. Il progetto si avvale di bocconi avvelenati che vengono sparsi con cadenza fissa. I parchi nazionali pullulano di cartelli di avvisi per i proprietari di cani, per evitare che i loro animali mangino le esche.

Un cartello di avviso 
Il veterinario mi ha sparato la cifra di 860 dollari per la sterilizzazione di entrambe le gattine. Il prezzo delle vaccinazioni non era incluso.
Sono tornata a casa, e con mio marito abbiamo deciso di pensarci su.

Pochi giorni dopo sono tornata a casa dal lavoro verso le 22.30, e mio marito mi stava aspettando alzato, cosa inusuale. Come ho aperto la porta, mi ha abbracciato e mi ha detto che quel pomeriggio una signora aveva bussato alla porta, dicendo che purtroppo aveva investito un gatto con la macchina, e chiedendogli se quel corpicino martoriato nel sacchetto fosse un nostro gatto. Mio marito aveva lanciato un'occhiata: era Sister.

Dopo questo episodio abbiamo fatto entrare Fluffy in casa. Abbiamo preso un appuntamento col veterinario per una visita, per sapere se la micetta era incinta, se aveva parassiti e genericamente com'era il suo stato di salute, specificando che la gattina era molto nervosa e poco disponibile a farsi manipolare da estranei. Forse bisognerà anestetizzarla, abbiamo aggiunto.
La segretaria ha riso, e ha detto che il veterinario era bravissimo e abituato a trattare con tutti i tipi di animali. Ci ha elencato i suoi titoli, tutti i master che aveva preso, il dottorato, tutti i riconoscimenti. Uno in gamba, insomma.
Il giorno della visita sono riuscita a mettere Fluffy in un trasportino e, tra miagolii disperati e pianti di puro terrore, siamo arrivati nello studio del veterinario, che ci attendeva con un'assistente.
- La anestetizzate per visitarla, vero? - ho chiesto.
L'uomo ha sorriso e, con aria di sufficienza, ha detto che non sarebbe stato necessario.
Sono stata fatta entrare in una stanzetta, dove su di un tavolo erano stati predisposti tutti gli strumenti necessari per la visita. Contro la parete si trovava una voluminosa libreria piena di testi e di targhe di riconoscimento.
Io mi sono tranquillizzata e mi sono messa in un angolo della stanza ad osservare la visita.
L'assistente ha aperto lo sportellino della gabbietta e ha tirato fuori a fatica Fluffy, che cercava di rintanarsi sul fondo. Poi l'animale ha morso e contemporaneamente assestato una bella zampata all'assistente, liberandosi, saltando sul pavimento e andando a nascondersi sotto alla libreria. Il veterinario l'ha tirata fuori, ma lei è saltata sul tavolo buttando per terra tutto quello che vi si trovava sopra e ha poi cercato di arrampicarsi sulla libreria, riuscendo a buttare per terra diversi libri e a danneggiarne uno.
Mentre mi mordevo la lingua, cercando di non dire: "Ve l'avevo detto, che l'anestesia ci voleva" l'assistente è riuscita ad acchiappare di nuovo la gatta e a chiuderla nel trasportino.
A questo punto il veterinario mi ha detto che la visita era finita, che la gatta stava bene, che sì, probabilmente era incinta perchè "le gatte randagie sono sempre incinte", che probabilmente aveva dei parassiti perchè era randagia, ora può andare, sono 200 dollari, grazie.

Cioè, 200 dollari per una non-visita e una sfilza di luoghi comuni che probabilmente potevo elencare anche io, che non so nulla di veterinaria.
Pochi giorni dopo abbiamo scoperto che qui nel Paesino nel Bush c'è un'altra clinica veterinaria, e abbiamo preso un appuntamento.
Questa volta abbiamo trovato persone senza master e dottorati ma con competenza, che hanno anestetizzato l'animale prima di visitarlo.
Al termine della visita sono andata a riprendere Fluffy.
- Buongiorno, com'è andata?
- Benissimo, Fluffy sta bene! ha qualche pulce, ma gli abbiamo già somministrato il trattamento adeguato.
- Ed è incinta?
- No. No, non lo è. In effetti Fluffy è un MASCHIO.

Bene. Ottimo. Se penso che il signor Veterinario Famoso ci ha detto che sì. probabilmente era incinta.. nemmeno in grado di riconoscere il sesso di un gatto.

Così Fluffy è diventato il nostro gatto. L'abbiamo fatto sterilizzare e gli abbiamo fatto mettere il microchip, i due passaggi fondamentali per poterlo registrare presso l'ufficio della contea.
Ci siamo abituati ad essere svegliati nel cuore della notte dai suoi miagolii affamati, abbiamo fatto il callo ai suoi pianti disperati quando facciamo la doccia ("Padrone, è bagnato lì!!! è pericoloso!! esci!!") ci siamo innamorati del suo codone foltissimo, delle zampotte con i ciuffi di pelo tra le dita, del suo essere discreto e riservato ed affettuoso allo stesso tempo.
Fluffy alla finestra

Pelosamente io
Dettaglio del codone e della zampotta pelosa.. sì, sono una crazy cat lady :)
Col tempo ci siamo accorti che Fluffy si stava attaccando troppo a noi, al livello di piangere disperato quando andavamo al lavoro e di farci le feste come un cane ogni volta che tornavamo a casa.
Abbiamo quindi deciso di prendergli una sorellina. Nello stesso periodo una mia collega aveva dei gattini da dare via, così siamo andati a vederli e abbiamo scelto una bellissima micina a pelo corto, che abbiamo chiamato Chai.

Quando l'abbiamo adottata, Chai aveva quasi tre mesi

I due gatti hanno immediatamente stretto amicizia e passano la giornata a giocare insieme, a leccarsi e a dormire l'uno accanto all'altra.

Che sonno...

Chai (anche detta Topilla per le dimensioni ridotte) è assolutamente adorabile. A differenza del fratello si fida di noi completamente e se fosse per lei passerebbe le giornate sopra di noi, ronfando. E' riuscita ad accattivarsi il nostro affetto al punto che tutti i disastri che combina passano in secondo piano :)
Non pensavo che avere degli animali domestici fosse così. Certo, a volte ci fanno impazzire, quando rompono qualcosa o vomitano sulla moquette, ma non si può descrivere l'affetto che danno o il loro modo unico di starci vicino. Sono meravigliosi.

1 commento:

  1. MA che belli questi gattini! buona vita insieme ai tuoi primi due gatti! :)

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